Il Presepe di Pentema è il simbolo di rinascita, un’araba fenice, di un paese destinato a scomparire.
Collocato in Val Pentemina, l’antico centro è sempre stato sinonimo di luogo sperduto e distante; a Genova per indicare un luogo lontano si diceva:
è a Pentema!
oppure
è di Pentema!
a significare persona contadina di un luogo difficile da raggiungere!
In effetti è un saliscendi. Si percorre la SS 45, bellissima strada panoramica che unisce Genova a Piacenza e amata dai motociclisti per le sue curve.
Occorre prendere la deviazione per Torriglia, denominata un tempo Piccola Svizzera, e già che si è qui una sosta è d’obbligo. Qui si gustano i famosi canestrelli e si fa un salto a vedere la Bella di Torriglia che ha dato origine a un famoso detto!
Si riparte e, lasciata a destra la strada per Montebruno, si sale verso Pentema. A ogni bivio che si incontra la strada diventa sempre più stretta, come tante della Liguria. Se incroci un’altra auto in senso contrario, volente o nolente, uno dei due è costretto a fare retromarcia alla prima piazzola che si trova. Nei giorni di maggiore afflusso per visitare il Presepe di Pentema diventa però a senso unico e questo è già un sollievo!
Dopo un discreto sali e un altro notevole scendi, appare il paese, compatto e scosceso perché in Liguria la parola d’ordine è verticalità!

Sette abitanti nel 1994 e destinato a spopolarsi, eccetto forse il mese di agosto, avviene la svolta!
Persone volenterose si adoperano per dar vita a un presepe che è uno spaccato di vita fermo alla fine del XIX secolo.
Il Presepe di Pentema
Ecco che il paese si anima: manichini a grandezza naturale sono vestiti con abiti dell’epoca e rappresentano le varie attività che animano la vita di allora. Sono dislocati tra le stradine, i vicoli, le creuze e gli archi di Pentema!

Si ritorna indietro di oltre un secolo! C’è la carbonara, fonte di combustibile e di reddito per chi produce il carbone! Fino al dopoguerra erano presenti ben tre botteghe che vendevano un po’ di tutto, dallo zucchero alle pentole.
Come non parlare delle castagne, fonte di sostegno per le famiglie? Il fuoco nelle case era sul pavimento in lastre di pietra al centro della cucina. Il calore serviva non solo a scaldare nell’inverno, ma anche a essiccare le castagne poste al piano di sopra. La stalla invece, al piano inferiore, oltre a garantire calore, era una fonte di latte per la produzione di burro e formaggio!
Malgrado l’altitudine, coltivavano la vigna che forniva un vino leggero e un po’ aspro e che bevevano nell’osteria. Attività importante era quella del cestaio che intrecciava cesti di diverse dimensioni per le attività di famiglia e per portare i prodotti alle fiere!
Non mancava il barbiere, un dopolavoro che si svolgeva generalmente alla vigilia delle festività mentre ogni tanto capitava il magnano che rappezzava le vecchie pentole!

Il medicone invece era un uomo emigrato in Inghilterra e poi in America del Sud. Tornato nel paese natio mette in pratica le conoscenze acquisite propinando intrugli ed erbe conditi con formule magiche.
I Racconti
Le donne, dopo aver lavorato nei campi ed aver accudito agli animali, si occupavano della casa, filavano la lana, confezionavano i vestiti e la biancheria.
La sera era dedicata ai racconti dei nonni! Prendono vita la strega Riundetta (rotondetta) o l’uomo nero Buricca. compare anche l’oste che serve uno stufato di carne umana o il cane che si trasforma in diavolo!
E le nonne?
Loro invece insegnano le preghiere, le buone azioni e raccontano le storie dei bimbi buoni.
Ca' da Sitta, il Museo di Vita contadina
Il Museo prende il nome dall’ultima abitante della casa dove è ospitato ed è uno spaccato della vita di allora.
La casa risale al XVI secolo ed è stata abbandonata nel dopoguerra. Riaperta, è stata ritrovata con arredi e suppellettili così come appare e ci fa immergere in una vita lontana!
Che meraviglia! Complimenti, spero di venire a visitare il vostro presepe.